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martedì 3 aprile 2018
martedì 7 novembre 2017
giovedì 19 ottobre 2017
Comunicato Stampa
COMUNICATO STAMPA
MANIFESTAZIONI
#LIBERIDIFARE
Il 3, 4 e 5 novembre si
svolgeranno in molte città italiane una serie di manifestazioni per
sensibilizzare sul tema dell’autonomia e dell'assistenza personale alle persone
disabili.
Si intitola #liberidifare lo slogan della
mobilitazione che il 3, 4
e 5 novembre riunirà persone disabili e non in tante città
italiane, con l’obiettivo di testimoniare l’importanza e la necessità di un
sostegno più concreto alla Vita Indipendente delle persone non autosufficienti.
Il tema è grave e urgente: a causa
della mancanza di fondi per l’assistenza personale, in Italia moltissime
persone disabili non sono in grado di provvedere in maniera autonoma alle
proprie necessità quotidiane.
Nonostante i progressi raggiunti in
alcune regioni, ancora troppe persone disabili che hanno bisogno di
assistenza sono costrette a vivere in luoghi di isolamento sociale e
segregazione, senza possibilità decisionale e vulnerabili a potenziali
abusi. Oppure si trovano a dipendere dalla cerchia familiare, in un
contesto di limitazioni reciproche e senza libertà di scelta.
Alla luce di queste riflessioni, le manifestazioni
#liberidifare vogliono essere un momento di mobilitazione
collettiva per sensibilizzare e informare l’opinione pubblica sulla
gravità del problema e chiedere alla politica risposte concrete.
Gli eventi si svolgeranno in varie
città italiane, in maniera sincronizzata e concentrata nei giorni 3, 4 e 5
novembre 2017, sempre dalle ore 15 alle 16.
L’iniziativa
è promossa dall’omonimo movimento #liberidifare, una
rete di persone disabili nata sui social network in seguito alla diffusione di
una lettera aperta scritta da Maria
Chiara e Elena Paolini, due sorelle disabili attive nel campo dei diritti
dei disabili, che da alcuni anni gestiscono Witty Wheels, un blog dedicato a disabilità, stereotipi e
giustizia sociale.
Fulcro del movimento è la diffusione
e la promozione dell’idea di Vita Indipendente che, per una persona
disabile, significa riuscire a compiere scelte ed autodeterminarsi,
attraverso l'autogestione dei fondi finalizzati al pagamento di
assistenti personali.
Questo principio viene già applicato
negli Stati Uniti e in vari paesi europei (tra i quali Svezia, Inghilterra
e Finlandia). Si tratta di un modello completamente diverso dalle prestazioni
di assistenza "tradizionali" di tipo medico/assistenziale: la persona
disabile si trasforma da oggetto passivo di cure standardizzate a soggetto
attivo, in grado di assumere direttamente (o quando necessario tramite
un tutore) gli assistenti, e definire tutti i dettagli della propria vita.
LINEE GUIDA per GIORNALISTI
Quando si parla di #liberidifare chiediamo di:
-Non usare toni pietistici o sensazionalistici.
Il pietismo crea distacco, crea un "noi" e un "loro".
-Essere consapevoli, quando si parla della lettera aperta di Maria Chiara e Elena Paolini (https://goo.gl/xvB2jh), che non si parla di problemi individuali ma di un problema generalizzato e di una questione di diritti civili: il movimento per i diritti dei disabili è un movimento per i diritti civili e umani come quello delle donne, delle persone omosessuali ecc...
-È buona norma per un linguaggio giornalistico aggiornato e rispettoso evitare espressioni come:
"costretto su una carrozzina"
"persone speciali"
"affetto da disabilità"
"malati"
"meno fortunati"
"persone che soffrono"...
Essi promulgano idee di dipendenza e fragilità, mentre per essere più visibili e raggiungere più peso politico è necessario che le persone disabili sottolineino la loro forza e unità.
Il nostro movimento è sociale e si basa sul "Modello Sociale della Disabilità" (coniato da Mike Oliver in contrapposizione al "modello medico"), per cui la disabilità è causata più dal modo in cui è organizzata la società che dal deficit della persona: è l'ambiente che deve cambiare e diventare inclusivo delle caratteristiche di tutti gli individui.
-Non ha senso distinguere tra disabili "gravi" e "gravissimi", perché non c'è una definizione univoca dei due termini, e perché sono termini strumentalizzati da alcuni politici per giustificare l'erosione del welfare.
-Quindi sì a:
"Usano carrozzine"
"sono ciechi/sordi"
"con la sindrome di Down"
"sono disabili/hanno una disabilità"...
concetti come "indipendenza" e "cittadini con diritti".
Cerchiamo insomma di evitare la medicalizzazione e il pietismo e spingere il discorso pubblico verso il fatto che è una questione sociale e urgente, una questione di diritti umani.
-Dire "dipendere dai familiari" è meglio di dire "gravare sui familiari".
C'è già più attenzione in genere, almeno nel linguaggio, sul punto di vista delle famiglie dei disabili piuttosto che sui diritti delle persone disabili. La mancanza di assistenza è una condizione di prigionia per entrambe le parti, e non ci piove. Ma la questione deve ruotare intorno alle persone disabili: mettiamo l'accento su di loro. Inoltre "gravare" promuove la concezione dei disabili come fardello e peso, un messaggio assolutamente tossico.
Riassumendo: meno pietismo, più consapevolezza dell'ingiustizia sociale.
Cerchiamo di aggiornare la comunicazione sulla disabilità!
Quando si parla di #liberidifare chiediamo di:
-Non usare toni pietistici o sensazionalistici.
Il pietismo crea distacco, crea un "noi" e un "loro".
-Essere consapevoli, quando si parla della lettera aperta di Maria Chiara e Elena Paolini (https://goo.gl/xvB2jh), che non si parla di problemi individuali ma di un problema generalizzato e di una questione di diritti civili: il movimento per i diritti dei disabili è un movimento per i diritti civili e umani come quello delle donne, delle persone omosessuali ecc...
-È buona norma per un linguaggio giornalistico aggiornato e rispettoso evitare espressioni come:
"costretto su una carrozzina"
"persone speciali"
"affetto da disabilità"
"malati"
"meno fortunati"
"persone che soffrono"...
Essi promulgano idee di dipendenza e fragilità, mentre per essere più visibili e raggiungere più peso politico è necessario che le persone disabili sottolineino la loro forza e unità.
Il nostro movimento è sociale e si basa sul "Modello Sociale della Disabilità" (coniato da Mike Oliver in contrapposizione al "modello medico"), per cui la disabilità è causata più dal modo in cui è organizzata la società che dal deficit della persona: è l'ambiente che deve cambiare e diventare inclusivo delle caratteristiche di tutti gli individui.
-Non ha senso distinguere tra disabili "gravi" e "gravissimi", perché non c'è una definizione univoca dei due termini, e perché sono termini strumentalizzati da alcuni politici per giustificare l'erosione del welfare.
-Quindi sì a:
"Usano carrozzine"
"sono ciechi/sordi"
"con la sindrome di Down"
"sono disabili/hanno una disabilità"...
concetti come "indipendenza" e "cittadini con diritti".
Cerchiamo insomma di evitare la medicalizzazione e il pietismo e spingere il discorso pubblico verso il fatto che è una questione sociale e urgente, una questione di diritti umani.
-Dire "dipendere dai familiari" è meglio di dire "gravare sui familiari".
C'è già più attenzione in genere, almeno nel linguaggio, sul punto di vista delle famiglie dei disabili piuttosto che sui diritti delle persone disabili. La mancanza di assistenza è una condizione di prigionia per entrambe le parti, e non ci piove. Ma la questione deve ruotare intorno alle persone disabili: mettiamo l'accento su di loro. Inoltre "gravare" promuove la concezione dei disabili come fardello e peso, un messaggio assolutamente tossico.
Riassumendo: meno pietismo, più consapevolezza dell'ingiustizia sociale.
Cerchiamo di aggiornare la comunicazione sulla disabilità!
pagina facebook: https://www.facebook.com/LiberidiFare/
video promozionale: https://www.youtube.com/watch?v=HwNrLe9Zfco
mercoledì 4 ottobre 2017
Richieste ufficiali che supportano le manifestazioni
Vita Indipendente significa, per le persone disabili, poter vivere come chiunque altro: avere la possibilità di prendere decisioni riguardanti la propria vita e la capacità di svolgere attività di propria scelta, con le sole limitazioni che hanno le persone senza disabilità.
Il principio fondamentale della Vita Indipendente è attuare la piena integrazione di tutti attraverso l’abbattimento di barriere sia architettoniche che culturali, e si impernia sul cardine dell’Assistenza Personale autogestita.
La Vita Indipendente si concretizza principalmente nell'Assistenza Personale gestita in forma indiretta, ovvero con l'autogestione dei fondi finalizzati al pagamento di assistenti personali scelti dalla persona disabile o dai soggetti preposti alla tutela delle persone non in grado di scegliere direttamente.
Si tratta di qualcosa di completamente diverso dalle prestazioni di assistenza "tradizionali" in quanto non è l’ente fornitore a decidere i tempi e le modalità del servizio, ma è il fruitore (ovvero la persona disabile direttamente interessata) ad assumere direttamente l'Assistente e definire tutti i dettagli (come, quando, dove e da chi farsi assistere). In altre parole, la persona disabile non è utente oggetto di politiche assistenziali ma soggetto attivo, in quanto datore di lavoro. L’ottica non è più quella del modello medico/assistenziale che per troppo tempo ha imperato e continua ad imperare, per cui la persona disabile è oggetto di cure ed assistenza e deve adattarsi a dei servizi standardizzati, bensì un’ottica per cui i fondi vanno direttamente nelle mani delle persone disabili che li possono gestire autonomamente e nel modo più ottimale per loro, per ottenere un servizio personalizzato, cucito su misura.
Considerata tale premessa;
Considerato l'articolo 2 della Costituzione, che sancisce i diritti fondamentali come inviolabili e la solidarietà politica, economica e sociale come inderogabile;
Considerato l'articolo 3 della Costituzione, per cui "è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese."
Considerato che la legge 162 del 1998 (modifica alla legge 104 del 1992) parla di "garantire il diritto ad una vita indipendente alle persone con disabilità";
Considerata la legge 67 del 2006 sulla non discriminazione e la tutela giudiziaria delle persone disabili;
Considerata la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall'Italia nel 2009, che assicura il diritto delle persone disabili "a vivere nella società, con la stessa libertà di scelta delle altre persone" e l'accesso a "l'assistenza personale necessaria per inserirvisi e impedire che siano isolate o vittime di segregazione";
Considerato che i principî generali di eguaglianza e di pari opportunità relativi alle persone con disabilità sono sanciti nei solenni documenti che sono già stati approvati dalle Conferenze internazionali, sono presenti anche nella Costituzione della Repubblica italiana e devono quindi diventare materia concreta del diritto;
Considerato che ad oggi, a distanza di molti anni dall'approvazione di tali leggi, i fondi per l'assistenza personale sono insufficienti o precari in tutte le regioni d'Italia, privando le persone disabili di libertà fondamentali sancite dalla Costituzione italiana e dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 2009;
Considerato che nelle regioni dove i fondi sono sufficienti rimangono comunque persone fuori dai progetti, fuori dalle graduatorie e nelle liste d'attesa;
Considerato che spesso non viene garantita un'adeguata e seria continuità nello stanziare i fondi, dato che molti progetti hanno durata annuale o biennale, costringendo gli aventi diritto a rimanere in situazioni di incertezza e precarietà;
Considerato che spesso disservizi e pagamenti in ritardo anche di mesi costringono gli utenti del servizio ad anticipare somme usando le proprie risorse personali oppure a rimanere senza assistenti;
Considerato che i fondi per le persone non autosufficienti vengono destinati in misura preponderante a cooperative, case di cura o strutture residenziali, favorendo e incoraggiando l'istituzionalizzazione, la segregazione, la non scelta e lo spreco di denaro pubblico;
Considerato che l’Italia è stata accusata nel 2013 dalla Corte di giustizia europea di non aver adottato tutte le misure necessarie per un adeguato inserimento professionale dei cittadini disabili nel mondo del lavoro, e quindi di portare avanti una forte discriminazione;
Considerato che in vari paesi Europei (tra i quali Svezia, Inghilterra e Finlandia) e negli Stati Uniti viene applicato il principio di dare direttamente i fondi ai cittadini disabili affinché possano pagare e gestire quei servizi che permettono la loro autodeterminazione;
Considerato che l'attuale situazione di mancata o insufficiente allocazione di fondi per l'assistenza personale in Italia costringe le persone a vivere in contesti di isolamento sociale e segregazione, le pone in situazioni di vulnerabilità agli abusi, aumenta la povertà di molti nuclei familiari, costringe le persone a sottopagare "badanti" o assistenti che quindi non forniscono un servizio di qualità, oppure ad avvalersi esclusivamente della cura gratuita prestata dai propri familiari, partner o amici, in un contesto di nociva dipendenza reciproca e senza libertà di scelta;
Considerate, infine, le caratteristiche di quella che è una vera e propria emergenza nazionale;
Chiediamo:
Che venga erogata ad ogni persona disabile (con disabilità di qualunque tipo) a cui serva assistenza personale, la somma di cui necessita, secondo il suo bisogno, sulla base di interventi individuali e non standardizzati; dopo adeguata analisi dei bisogni e un consono studio delle tariffe del lavoro di cura (per fare un esempio, in alcune regioni il limite massimo è fissato a 1200 euro mensili, insufficienti a pagare persino le tradizionali "badanti", per cui sono previsti contratti non dignitosi per entrambe le parti.
Anche se non è questa la sede dei tecnicismi, ricordiamo che la cifra per una persona non autosufficiente si aggira attorno ai 4000 euro mensili);
Che vengano aboliti i limiti di età per la partecipazione agli interventi (solitamente fissati ad oggi in Italia alla fascia di età 18-65 anni), in modo da rispettare i principi di autodeterminazione, autonomia e indipendenza, i quali non acquistano valore o non ne perdono al raggiungimento di determinate età;
Che non venga considerato il reddito personale nell'erogare i fondi, dato che è incostituzionale applicare questo parametro in relazione a servizi di base rivolti a persone con limitazioni funzionali, affinché le esigenze fondamentali delle persone disabili non vengano subordinate alle scelte economiche.
martedì 3 ottobre 2017
Motivazioni e modalità
Il 3, 4 e 5
novembre 2017 ci saranno manifestazioni sincronizzate in varie piazze
italiane per il diritto alla Vita Indipendente e all'assistenza
personale, tutti i giorni alla stessa ora, dalle 15 alle 16.
Il
movimento #liberidifare è nato dal basso, tramite i social network.
Siamo una rete di persone disabili nata in seguito ad alcune riflessioni
sulla Vita Indipendente.
I fondi stanziati
per l'assistenza personale in Italia sono ancora largamente
insufficienti. Nonostante i progressi raggiunti in molte regioni, in
altre la Vita Indipendente rimane ancora un concetto largamente
sconosciuto, e anche dove la situazione è più rosea a livello di fondi
rimangono problemi non da poco: ad esempio la precarietà del non sapere
se verranno rinnovati i progetti, oppure il considerare il reddito
personale come discrimine per il diritto ai fondi (nonostante sia
incostituzionale in quanto si tratta di supporto per compiere e azioni
base essenziali alla persona per vivere). O ancora, il limite di età
imposto a 65 anni. Insomma, i problemi sono tanti e noti a chi ne ha
esperienza.
La questione è grave e urgente,
dato che al momento quello che viene dato non è sufficiente. Si può dire
senza esagerare che la stragrande maggioranza delle persone non
autosufficienti sia agli arresti domiciliari. Il problema ovviamente è
che come succede quando si è molto oppressi, molti stanno troppo male
per protestare. Molte persone disabili sono chiuse nelle RSA, senza
possibilità decisionale e senza futuro, vulnerabili a potenziali abusi
da parte di chi dovrebbe assisterli.
È fondamentale innanzitutto informare meglio l'opinione pubblica della gravità del problema.
Abbiamo
diffuso una lettera aperta su fb che stiamo cercando di far girare il
più possibile attraverso social e giornali. L'abbiamo comunque mandata
al presidente del consiglio e ad alcuni ministri con posta certificata,
insieme a un documento ufficiale con le richieste che supportano le
manifestazioni.
Del problema non si parla
sufficientemente spesso, anche perché i genitori/partner delle persone
disabili svolgono un lavoro di cura invisibile e gratuito. Non può e non
deve restare un problema conosciuto solo da chi ne subisce le
conseguenze, e per ottenere le cose di cui abbiamo bisogno dobbiamo per
forza coinvolgere anche, il più possibile, le persone non disabili.
Noi
finora non abbiamo trovato politici o insomma amministratori con un
serio interesse ad ampliare i fondi, questo ovviamente varia da regione a
regione. La questione viene spesso trattata in modo paternalistico, ci
viene detto che non ci sono risorse e sostanzialmente veniamo zittiti
con discorsi vaghi e promesse fumose.
Le
manifestazioni si svolgeranno in varie città italiane (non in un'unica
manifestazione, per quanto importante, a Roma, che spesso non riceve
un'adeguata copertura da parte dei media), e puntiamo ad un
coinvolgimento anche di molte persone non disabili, cioè i non
direttamente interessati (per così dire).
Cercheremo
di mantenere alta l'attenzione dei media, in modo che se ne parli
tanto, non essendo una sola data che viene subito dimenticata.
La
sincronia tra le varie manifestazioni servirà a comunicare un'idea di
unione, di organizzazione, di "potenza" per connotare come cittadini
attivi, pronti a richiedere diritti, i disabili, tradizionalmente
dipinti come passivi oggetto di cure. Insomma, è anche in gran parte una
questione di visibilità: siamo tanti, siamo decisi e vogliamo una
risposta subito.
Abbiamo predisposto 3 giornate anche per dare modo a più persone di partecipare (anche in una sola delle tre date).
Se vi interessa, aiutateci a diffondere: le persone interessate a collaborare ci possono contattare scrivendo a wittywheels.blog@gmail.com
I
volontari non devono essere necessariamente persone disabili, perché
crediamo che si tratti di un diritto che, come tale, riguarda tutti,
anche se indirettamente.
Link alla lettera aperta:
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