COMUNICATO STAMPA
MANIFESTAZIONI
#LIBERIDIFARE
Il 3, 4 e 5 novembre si
svolgeranno in molte città italiane una serie di manifestazioni per
sensibilizzare sul tema dell’autonomia e dell'assistenza personale alle persone
disabili.
Si intitola #liberidifare lo slogan della
mobilitazione che il 3, 4
e 5 novembre riunirà persone disabili e non in tante città
italiane, con l’obiettivo di testimoniare l’importanza e la necessità di un
sostegno più concreto alla Vita Indipendente delle persone non autosufficienti.
Il tema è grave e urgente: a causa
della mancanza di fondi per l’assistenza personale, in Italia moltissime
persone disabili non sono in grado di provvedere in maniera autonoma alle
proprie necessità quotidiane.
Nonostante i progressi raggiunti in
alcune regioni, ancora troppe persone disabili che hanno bisogno di
assistenza sono costrette a vivere in luoghi di isolamento sociale e
segregazione, senza possibilità decisionale e vulnerabili a potenziali
abusi. Oppure si trovano a dipendere dalla cerchia familiare, in un
contesto di limitazioni reciproche e senza libertà di scelta.
Alla luce di queste riflessioni, le manifestazioni
#liberidifare vogliono essere un momento di mobilitazione
collettiva per sensibilizzare e informare l’opinione pubblica sulla
gravità del problema e chiedere alla politica risposte concrete.
Gli eventi si svolgeranno in varie
città italiane, in maniera sincronizzata e concentrata nei giorni 3, 4 e 5
novembre 2017, sempre dalle ore 15 alle 16.
L’iniziativa
è promossa dall’omonimo movimento #liberidifare, una
rete di persone disabili nata sui social network in seguito alla diffusione di
una lettera aperta scritta da Maria
Chiara e Elena Paolini, due sorelle disabili attive nel campo dei diritti
dei disabili, che da alcuni anni gestiscono Witty Wheels, un blog dedicato a disabilità, stereotipi e
giustizia sociale.
Fulcro del movimento è la diffusione
e la promozione dell’idea di Vita Indipendente che, per una persona
disabile, significa riuscire a compiere scelte ed autodeterminarsi,
attraverso l'autogestione dei fondi finalizzati al pagamento di
assistenti personali.
Questo principio viene già applicato
negli Stati Uniti e in vari paesi europei (tra i quali Svezia, Inghilterra
e Finlandia). Si tratta di un modello completamente diverso dalle prestazioni
di assistenza "tradizionali" di tipo medico/assistenziale: la persona
disabile si trasforma da oggetto passivo di cure standardizzate a soggetto
attivo, in grado di assumere direttamente (o quando necessario tramite
un tutore) gli assistenti, e definire tutti i dettagli della propria vita.
LINEE GUIDA per GIORNALISTI
Quando si parla di #liberidifare chiediamo di:
-Non usare toni pietistici o sensazionalistici.
Il pietismo crea distacco, crea un "noi" e un "loro".
-Essere consapevoli, quando si parla della lettera aperta di Maria Chiara e Elena Paolini (https://goo.gl/xvB2jh), che non si parla di problemi individuali ma di un problema generalizzato e di una questione di diritti civili: il movimento per i diritti dei disabili è un movimento per i diritti civili e umani come quello delle donne, delle persone omosessuali ecc...
-È buona norma per un linguaggio giornalistico aggiornato e rispettoso evitare espressioni come:
"costretto su una carrozzina"
"persone speciali"
"affetto da disabilità"
"malati"
"meno fortunati"
"persone che soffrono"...
Essi promulgano idee di dipendenza e fragilità, mentre per essere più visibili e raggiungere più peso politico è necessario che le persone disabili sottolineino la loro forza e unità.
Il nostro movimento è sociale e si basa sul "Modello Sociale della Disabilità" (coniato da Mike Oliver in contrapposizione al "modello medico"), per cui la disabilità è causata più dal modo in cui è organizzata la società che dal deficit della persona: è l'ambiente che deve cambiare e diventare inclusivo delle caratteristiche di tutti gli individui.
-Non ha senso distinguere tra disabili "gravi" e "gravissimi", perché non c'è una definizione univoca dei due termini, e perché sono termini strumentalizzati da alcuni politici per giustificare l'erosione del welfare.
-Quindi sì a:
"Usano carrozzine"
"sono ciechi/sordi"
"con la sindrome di Down"
"sono disabili/hanno una disabilità"...
concetti come "indipendenza" e "cittadini con diritti".
Cerchiamo insomma di evitare la medicalizzazione e il pietismo e spingere il discorso pubblico verso il fatto che è una questione sociale e urgente, una questione di diritti umani.
-Dire "dipendere dai familiari" è meglio di dire "gravare sui familiari".
C'è già più attenzione in genere, almeno nel linguaggio, sul punto di vista delle famiglie dei disabili piuttosto che sui diritti delle persone disabili. La mancanza di assistenza è una condizione di prigionia per entrambe le parti, e non ci piove. Ma la questione deve ruotare intorno alle persone disabili: mettiamo l'accento su di loro. Inoltre "gravare" promuove la concezione dei disabili come fardello e peso, un messaggio assolutamente tossico.
Riassumendo: meno pietismo, più consapevolezza dell'ingiustizia sociale.
Cerchiamo di aggiornare la comunicazione sulla disabilità!
Quando si parla di #liberidifare chiediamo di:
-Non usare toni pietistici o sensazionalistici.
Il pietismo crea distacco, crea un "noi" e un "loro".
-Essere consapevoli, quando si parla della lettera aperta di Maria Chiara e Elena Paolini (https://goo.gl/xvB2jh), che non si parla di problemi individuali ma di un problema generalizzato e di una questione di diritti civili: il movimento per i diritti dei disabili è un movimento per i diritti civili e umani come quello delle donne, delle persone omosessuali ecc...
-È buona norma per un linguaggio giornalistico aggiornato e rispettoso evitare espressioni come:
"costretto su una carrozzina"
"persone speciali"
"affetto da disabilità"
"malati"
"meno fortunati"
"persone che soffrono"...
Essi promulgano idee di dipendenza e fragilità, mentre per essere più visibili e raggiungere più peso politico è necessario che le persone disabili sottolineino la loro forza e unità.
Il nostro movimento è sociale e si basa sul "Modello Sociale della Disabilità" (coniato da Mike Oliver in contrapposizione al "modello medico"), per cui la disabilità è causata più dal modo in cui è organizzata la società che dal deficit della persona: è l'ambiente che deve cambiare e diventare inclusivo delle caratteristiche di tutti gli individui.
-Non ha senso distinguere tra disabili "gravi" e "gravissimi", perché non c'è una definizione univoca dei due termini, e perché sono termini strumentalizzati da alcuni politici per giustificare l'erosione del welfare.
-Quindi sì a:
"Usano carrozzine"
"sono ciechi/sordi"
"con la sindrome di Down"
"sono disabili/hanno una disabilità"...
concetti come "indipendenza" e "cittadini con diritti".
Cerchiamo insomma di evitare la medicalizzazione e il pietismo e spingere il discorso pubblico verso il fatto che è una questione sociale e urgente, una questione di diritti umani.
-Dire "dipendere dai familiari" è meglio di dire "gravare sui familiari".
C'è già più attenzione in genere, almeno nel linguaggio, sul punto di vista delle famiglie dei disabili piuttosto che sui diritti delle persone disabili. La mancanza di assistenza è una condizione di prigionia per entrambe le parti, e non ci piove. Ma la questione deve ruotare intorno alle persone disabili: mettiamo l'accento su di loro. Inoltre "gravare" promuove la concezione dei disabili come fardello e peso, un messaggio assolutamente tossico.
Riassumendo: meno pietismo, più consapevolezza dell'ingiustizia sociale.
Cerchiamo di aggiornare la comunicazione sulla disabilità!
pagina facebook: https://www.facebook.com/LiberidiFare/
video promozionale: https://www.youtube.com/watch?v=HwNrLe9Zfco
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